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Maltrattamento di animali

Il maltrattamento di animali è il reato previsto dall’art. 544-ter del codice penale ai sensi del quale:

  1. Chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona una lesione ad un animale ovvero lo sottopone a sevizie o a comportamenti o fatiche o a lavori insopportabili per le sue caratteristiche etologiche è punito con la reclusione da 3 mesi a 18 mesi o con la multa da 5 000 euro a 30 000 euro.

  2. La stessa pena si applica a chiunque somministra agli animali sostanze stupefacenti o vietate ovvero li sottopone a trattamenti che procurano un danno alla salute degli stessi.
  3. La pena è aumentata della metà se dai fatti cui al primo comma deriva la morte dell’animale.
  • Oggetto

    L’oggetto tutelato dall’ordinamento del reato in questione è il sentimento verso gli animali, ovvero la sensibilità degli esseri umani nei confronti degli animali.

  • Azione

    L’azione esecutiva che costituisce il reato può essere integrata da diverse fattispecie:

    ​• cagionare la morte di un animale
    • cagionare lesioni ad un animale
    • sottoporre un animale a strazio o sevizie
    • sottoporli a comportamenti e fatiche insopportabili per le loro caratteristiche etologiche
    • sottoporli a trattamenti che procurano un danno alla salute degli stessi
    • adoperarli in giochi, spettacoli o lavori insostenibili per la loro natura, valutata secondo le loro caratteristiche etologiche
    • somministrare agli animali sostanze stupefacenti
    • abbandonare animali domestici o che abbiano acquisito abitudini della cattività
    • promuovere o organizzare o dirigere combattimenti o competizioni non autorizzate tra animali che possono metterne in pericolo l’integrità fisica
    • abbandonare animali domestici o che abbiano acquisito abitudini della cattività
    • detenerli in condizioni incompatibili con la loro natura

    Ogni cittadino testimone dei reati di cui sopra ha il dovere morale di denunciarli alle forze dell’ordine (Commissariati di P.S, Carabinieri, Polizia Locale, Corpo Forestale, Procura).

    Nel caso si necessiti di un intervento urgente bisogna contattare le forze dell’ordine deputate ad intervenire in ogni tipo di reato (Commissariati di P.S, Carabinieri, Polizia Locale, Corpo Forestale).

    Si ricorda altresì che il compimento di atti che fanno scattare le procedure di emergenza senza che vi sia la presenza di un reale pericolo configura il reato di “Procurato allarme”:
    Codice Penale – Art. 658 (Procurato allarme presso l’Autorità)
    Chiunque, annunziando disastri, infortuni o pericoli inesistenti, suscita allarme presso l’autorità, o presso enti o persone che esercitano un pubblico servizio, è punito con l’arresto fino a sei mesi o con l’ammenda da euro 10 a euro 516.

  • Posso mantenere l’anonimato

    Tanto la denuncia, quanto l’esposto o la querela non possono mai essere anonimi: la legge stabilisce l’obbligo, per le autorità, di identificare l’autore di tale atto, raccogliendone le generalità e facendogli firmare l’atto stesso, con firma autenticata. Non si può, quindi, chiedere alle forze dell’ordine di mantenere la segretezza e l’anonimato del denunciante o del querelante.

    ​Il codice di procedura penale, a riguardo, prevede infatti che delle denunce anonime non può essere fatto alcun uso, salvo alcune rarissime eccezioni.

    ​L’impossibilità di raccogliere una denuncia anonima è disposta anche al fine di garantire il diritto alla difesa al presunto reo, che solo conoscendo i fatti che gli vengono addebitati e l’autore di tali dichiarazioni può provvedere a una valida tutela dei propri diritti. Dunque, il soggetto denunciato o querelato potrà venire a conoscenza di chi lo ha incolpato davanti alla polizia, carabinieri o alla Procura della Repubblica.

    ​Le denunce e gli esposti anonimi non costituiscono fonte probatoria e sul piano giuridico sono inidonee ad attivare il procedimento.

  • A proposito di maltrattamento

    Anche se largamente accettata, tra le forme più comuni di maltrattamento troviamo la “detenzione a catena”. Vediamo cosa dicono le linee guida di attuazione della LR 37/2010

    1. E’ vietato detenere i cani alla catena, salvi i casi in cui non siano possibili altre soluzioni.
    Qualora ciò si renda necessario, la detenzione dei cani alla catena non può protrarsi per più di dodici ore giornaliere e le caratteristiche della catena e del luogo circostante devono soddisfare i seguenti requisiti:
    a) il cane deve essere assicurato alla catena preferibilmente mediante pettorina o comunque con collare non scorsoio;
    b) la catena deve essere collegata, per mezzo di un dispositivo scorrevole, ad un cavo aereo di almeno cinque metri di lunghezza e posizionato ad almeno due metri di altezza dal suolo;
    c) la catena non deve essere di lunghezza inferiore a quattro metri, deve essere provvista alle due estremità di dispositivi rotanti e deve essere commisurata per peso e robustezza alla taglia del cane così da consentire ampiezza e facilità dei movimenti;
    d) l’area che il cane può occupare in relazione alla lunghezza della catena deve garantire l’assenza di sporgenze, rami, angoli, muri, dislivelli, onde impedire che il mezzo di contenzione si impigli causando potenziali pericoli per l’animale;
    2. E’ precluso l’uso di corde e di cavi di acciaio.
    3. Nel raggio di azione del cane deve essere collocata una cuccia, come specificato nell’art. 1.
    4. Se i cani detenuti alla catena sono in numero superiore a uno gli stessi devono essere collocati ad una distanza tale da impedirne il reciproco contatto fisico quando legati.
    5. È vietato legare cani in zone isolate, lontano da abitazioni o comunque in luoghi dove non vi sia la possibilità di un costante controllo da parte del proprietario al fine di impedire che il cane possa essere oggetto di aggressione da parte di altri animali, senza possibilità di fuga.