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Comunicato stampa

Dopo 35 anni di gestione continuativa, di cui 18 con impegno totalmente gratuito, l’associazione A.VA.P.A. prende posizione su quanto sta accadendo nel canile-gattile regionale della Valle d’Aosta. Non un attacco, ma un atto di responsabilità: al centro, il benessere degli animali e la dignità delle persone.

Dopo settimane di segnalazioni, articoli di stampa e lettere accorate da parte di cittadini e volontari, A.VA.P.A. ODV ritiene doveroso intervenire per offrire un quadro chiaro e documentato della situazione che si è venuta a creare, a partire dal 1° luglio 2025, con il passaggio della gestione del Canile e Gattile Regionale alla cooperativa “Il Melograno”.

Lo facciamo non per polemica, ma per senso di responsabilità. Per rispetto degli animali, delle persone che hanno costruito in trentacinque anni una comunità operativa e solidale, e di quanti, anche oggi, continuano a offrire tempo, competenza e amore in forma volontaria.

Una gestione pubblica non può chiudersi al pubblico.
Negli articoli apparsi nelle scorse settimane si è fatto riferimento a nuove regole che hanno modificato profondamente la vita quotidiana in canile: riduzione dell’orario di uscita dei cani e repentino e deleterio cambiamento della routine degli stessi con conseguente destabilizzazione a livello emozionale e disposizionale, divieto di accesso ai box da parte dei volontari, impossibilità di fare foto, interazioni fortemente limitate. A tutto questo si aggiungono problemi ben più profondi, che ci vengono segnalati con sempre maggiore insistenza:

  1. Una crescente tensione tra gli animali, spesso generata dalla mancanza di esperienza da parte degli operatori nuovi, assunti con contratti parziali e, in alcuni casi, provenienti – sembrerebbe – da cooperative esterne, senza un’adeguata formazione. Già nei primi 12 giorni di gestione si è verificato un episodio di scontro tra cani che, fortunatamente, non ha avuto gravi conseguenze. Tuttavia, tale vicenda è stata inizialmente nascosta, poi solo a seguito della scoperta di lesioni visibili da parte dei volontari sono state fornite versioni vaghe e contrastanti. Tutto ciò ha accresciuto la sensazione di mancanza di trasparenza e di gestione chiara degli episodi critici.
  2. Un clima di discontinuità e disorientamento: molti ex dipendenti non sono stati neppure contattati per un confronto o una proposta di reinserimento, nonostante l’esperienza maturata negli anni all’interno della struttura. Tale esclusione è apparsa in aperta contraddizione con quanto dichiarato dalla cooperativa in sede sindacale, dove si parlava di percorsi paralleli di ricollocamento. La mancata valorizzazione di competenze consolidate, maturate sul territorio, è un errore grave e tuttora irrisolto, anche alla luce della missione di inclusione lavorativa dichiarata dalla cooperativa stessa.
  3. Un approccio formativo che umilia l’esperienza: è stato imposto un corso con esame finale obbligatorio per tutti i volontari che interagiscono con cani “bollino giallo”, senza alcuna distinzione tra nuovi arrivati e persone con titoli riconosciuti a livello nazionale e anni di lavoro documentato sul campo. Una misura che può avere senso per chi inizia oggi, ma che risulta offensiva e immotivata per chi da anni opera con competenza, seguendo standard professionali condivisi. Ad oggi non sono stati chiariti né i criteri oggettivi di valutazione né la composizione della commissione esaminatrice, né il motivo per cui tale misura venga applicata indistintamente anche ai volontari storici.
  4. Assenza di dialogo con chi conosce profondamente i singoli animali e ha segnalato con precisione le attenzioni particolari necessarie per alcuni di loro. Nulla è cambiato, e questo silenzio ricade ogni giorno sulla serenità dei cani. Inoltre, non risultano riscontri formali a segnalazioni specifiche già inviate in forma scritta o riferite verbalmente da operatori e volontari.
  5. Mancata apertura al pubblico negli orari previsti. In più occasioni documentate e riportate dalla stampa, cittadini e potenziali adottanti si sono trovati nell’impossibilità di accedere alla struttura. La questione, già grave in sé, assume rilievo ulteriore considerando la natura pubblica del servizio e la centralità del rapporto diretto con la comunità.
  6. Malfunzionamento del servizio di reperibilità. Sono stati registrati casi in cui le chiamate urgenti (incluso da parte del 118 o del numero unico delle emergenze) al numero indicato per la reperibilità non ricevevano risposta, costringendo i richiedenti a contattare ex dipendenti non più in servizio. Una situazione inaccettabile, che espone a rischi concreti anche in casi di reale emergenza. Inoltre, da ex gestori della struttura AVAPA siamo consapevoli che ad oggi all’interno del CGR attuale ci sono solo due figure abilitate al servizio di cattura e reperibilità. Questo ci fa chiedere come tale servizio possa essere tenuto in piedi da sole due persone di cui una occupata a tempo pieno come operatore.
  7. A queste criticità si aggiunge anche la gestione del gattile, attualmente priva di supervisione continuativa a partire dalle ore 13:00 fino al mattino seguente. In questa fascia oraria, i volontari non possono accedere agli spazi senza la presenza di un operatore e, di fatto, il gattile rimane chiuso a ogni attività volontaria nel pomeriggio. Una situazione che compromette gravemente la continuità assistenziale, l’affiancamento ai soggetti più fragili e che di fatto lascia deserto il gattile per buona parte della giornata.
  8. Assenza in loco di referenti dirigenziali della Cooperativa. È stata più volte sottolineata la necessità di una figura presente e autonoma, non coinvolta nelle dinamiche locali precedenti, capace di garantire continuità organizzativa e interventi correttivi tempestivi. Tale figura, promessa dalla direzione, risulta tuttora assente.
  9. Mancanza di un organigramma visibile e completo. Nei giorni scorsi, più persone hanno segnalato la presenza, nella postazione della Direzione Tecnica, di soggetti che non risultano noti né formalmente identificati nell’attuale assetto organizzativo. L’ufficio contiene documentazione sensibile riguardante volontari, cittadini e situazioni sociali delicate: riteniamo inaccettabile che vi acceda chi non è chiaramente autorizzato, senza alcuna sorveglianza o supervisione.

In questo clima, abbiamo ricevuto la seguente lettera, che riportiamo integralmente da parte di alcuni volontari. Abbiamo scelto di farla nostra, di condividerla pubblicamente, perché ne condividiamo in pieno spirito, contenuto e tono: civile, ma determinato.

Lamentiamo innanzitutto la drastica riduzione dell’orario di accesso dei volontari a causa della quale molti di noi non riescono più a dedicarsi alle uscite, occorre sottolineare che oggetto della ns preoccupazione sono animali che trascorrono la vita rinchiusi in una gabbia, quindi privarli dell’affetto e del momentaneo sollievo di una passeggiata è qualcosa di molto distante da quello che si può definire una “buona gestione”, soprattutto se si considera che molti di noi hanno la passione e le competenze necessarie per intraprendere coi cani un percorso formativo finalizzato a facilitarne l’adozione, perché è ovvio che un cane “educato” avrà maggiore probabilità di essere accolto in una famiglia.

Appare perciò grottesco e preoccupante il fatto che chi si occupa dei cani a titolo gratuito abbia a cuore anche il loro futuro, mentre chi percepisce soldi pubblici per farne un mestiere sia del tutto disinteressato anche al loro presente.

Non meno importante è l’accento che vogliamo porre sulle modalità di accesso al canile, anch’esse stravolte rispetto al passato con gravi conseguenze sul benessere delle bestiole… La nuova gestione impedisce l’accesso ai box privando così gli animali di due momenti fondamentali per una sana relazione uomo-cane. Non occorre essere grandi esperti di cinofilia per capire che il primo approccio nel box e il rientro alla fine dell’uscita sono momenti delicati che richiedono tempi e modalità diversi per ogni individuo e che influiscono pesantemente sulla loro serenità. Infatti, con le nuove modalità imposte ultimamente, è accaduto più volte che i cani rinunciassero a uscire a causa di questo approccio totalmente sterile dal punto di vista emotivo ed educativo nonché in contrasto con le norme più basilari della disciplina cinofila.

Praticamente la nuova gestione pretende di offrire un servizio pubblico… Chiuso al pubblico! Un ossimoro talmente inquietante da rendere superfluo ogni ulteriore commento.

Chiediamo pertanto, con estrema cortesia ma con altrettanta fermezza, il ripristino dei vecchi orari e delle vecchie modalità di accesso che erano infinitamente più consoni al nostro operato e che, differentemente da quelli attuali, ponevano al centro il benessere dell’animale.

A.VA.P.A. non è mai stata una presenza “di passaggio”. Per oltre trent’anni abbiamo affiancato con discrezione e costanza le istituzioni, contribuendo a costruire un servizio pubblico rispettoso, accogliente, capace di mettere al centro gli animali e le persone.

Abbiamo deciso di non partecipare all’ultimo bando di gara non certo per inerzia o disinteresse: purtroppo, una serie di vincoli e stringenti prescrizioni non compatibili con la nostra idea di protezione animale oltre a pesanti penali, evidenziate anche da professionisti di nostra fiducia, ci hanno costretto a compiere questa dolorosa scelta. Ma questo non significa che abbiamo rinunciato a prenderci cura di ciò che abbiamo costruito.

Il volontariato strutturato, l’esperienza maturata nel tempo, la conoscenza profonda del territorio e dei suoi animali non possono essere sostituiti da contratti part-time né da regolamenti calati dall’alto.

Si può cambiare una gestione, non si può azzerare un’intera comunità.

Per questo chiediamo, con rispetto ma con fermezza, che si apra un confronto serio, trasparente e documentato. E che si smetta di confondere il rispetto delle procedure con il rispetto della vita.

Lo dobbiamo agli animali, ai volontari, ai lavoratori. E a chi crede che la cosa pubblica possa essere ancora qualcosa di più di un appalto. AVAPA